C'è un luogo dove gli uomini ritrovano un mondo puro, in cui anche le zone grigie, che non possono mancare nella natura umana, hanno una loro nitidezza. Questo luogo ha dimensioni precise, regole scritte e non scritte, ma chiare; che è possibile infrangere, solo se si è disposti ad accettarne le conseguenze. In questa sorta di Repubblica Indipendente che è il rugby, non c'è spazio per la finzione né per i doppi giochi.
Fuori da questo recinto sacro, la vita vera è diversa, e sempre necessariamente imperfetta. Diversa come l’umanità tradita dalle promesse della democrazia occidentale, che appare sempre più tutta forma e niente sostanza, disarmata e in balìa di un potere sempre più distante, agito da uomini che si percepiscono onnipotenti, e in diritto di non rispettare alcuna regola, ma, soprattutto, di non subirne le conseguenze.
A smuovere dalle loro certezze questi Dei capricciosi arriva un piccolo Prometeo moderno. Egli porta in questo recinto di fuoco, incoerente, politicamente scorretto, violento e privo di categorie etiche una terza via, tutta sua, per giocarsi la partita con regole chiare, ma non ortodosse. E siccome di eroi giovani, belli e coraggiosi ne abbiamo avuti troppi, il nostro si circonda di compagni di avventura che non ispirano simpatia. Lui non è bello, né giovane, e al posto del coraggio puro ha un cocktail lisergico di razionalità spietata, istinto animale di sopravvivenza, tecniche di guerra e guerriglia. E, soprattutto, non ha tutte le rotelle a posto. E’ troppo umano per essere un eroe. Ma se, alla fine, ci sarà chi si troverà a pensare, citando De André: “se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato”, non sarà poco.